Serabit El Khadim
È una zona lontana e desolata, che ha sempre raggiungerla ha previsto un percorso difficoltoso. Al giorno d’oggi bisogna avere a disposizione una jeep, ma ai tempi della terza dinastia dei Faraoni (2670-2570 a.C.) quando s’iniziò a sfruttare i vari giacimenti minerari, l’impresa non era per niente facile!
In nome in arabo della zona "Serabit el Khadem" significa "Colonne dello Schiavo"e si riferisce alle alte Steli votive che dominano a Serabit sulle rovine dell’antico tempio egizio, ormai distrutto dal tempo, che si trova nella zona. Solo all’incirca all’inizio del 1900, questo suggestivo e ricco sito archeologico è stato riportato alla luce e rivalutato dagli studiosi e dallo stesso governo egiziano.
Le miniere della zona sono ricche di turchese, un minerale di colore azzurro-verde molto usato già dagli antichi egizi si come “scarabeo”, ovvero come gemma da incastonare nei diversi monili, oppure lo polverizzavano per ricavarne il pigmento colorato da usare per dipingere statue, gioielli ed altri oggetti. Tutte le dinastie dell’antico Egitto si dedicarono all’estrazione del turchese e durante la dodicesima dinastia (1955-1750 a.C.) fu costruito un tempio per la dea Hathor, chiamata “Signora del turchese". L'attività estrattiva del minerale a Serabit era effettuata nel periodo Novembre-Aprile, considerate le condizioni di afa e di caldo era impossibile per i minatori lavorare durante il periodo estivo.
Il tempio di Hathor pare sia stato costruito dal faraone Snefru, conosciuto per essere il “favorito di Hathor”. È stato edificato su uno altopiano che si estende per circa duecento metro a partire da una grotta sempre dedicata alla dea Hathor. Questa grotta è scavata nella roccia, presenta le pareti interne levigate, al centro un pilastro detto Pilastro di Amenhotep III e una stele di calcare che risale al faraone Ramses I.
Parallelamente a questa grotta si trova il tempio di Hathor la cui apre superiore era costituita da scale, santuari, cortili recintati. Una particolarità del tempio sono gli altari incassati a piani di lavoro e quindi ad altezze diverse.
Intorno al tempio si trovano numerose tracce di numerosi faraoni (ad esempio Montuhotep dell'XI dinastia, di Amen-em-Hat I, di Sesostri I, di Amen-em-Hat III, di Sesostri III, di Amenem-Hat IV della XII dinastia) che utilizzavano il tempio e soprattutto sfruttavano le miniere di turchese.
Nel tempio e nelle vicinanze della grotta-santuario l’archeologo inglese Flinders-Petrie, il primo che all’inizio del secolo ha scritto un importanti libro sul sito archeologico di Serabit El Khadim, ha scoperto una grande quantità di una strana polvere bianca. Scartata l’ipotesi che si tratta di residui di fusione del rame o di polverizzazione del turchese o da combustione vegetale o di ossa, nasceva l'ipotesi che quella fosse la fornace alchemica della sacra pietra della “shem-an-na”, la misteriosa polvere bianca chiamata “mfktz” dai sacerdoti del tempio e da loro usata durante la celebrazione dei grandi misteri. Ovviamente queste sono ipotesi che però sembrano trovare riscontro nei tanti geroglifici trovati sulle stele presenti all'interno della grotta di Hathor che fanno riferimento a una sostanza chiamata “mfkzt” e al "pane bianco".
Durante la XVIII dinastia, la Regina Hat-Shep-Sut ed il figliastro Tuthmosi III costruirono la parte inferiore del Tempio di Serabit e fecero incidere numerose steli che sono ancora ben visibili. Inoltre, restaurarono la grotta originaria di Hathor, e fecero costruire, parallelamente ad essa, un santuario per il "Dio dell'Est Sopdu", adorato nel deserto ad est della parte centrale del Delta del Nilo. Il Dio "Sopdu" era associato sia ad “Horus” sia a "Shesmet", un minerale che si estraeva, molto probabilmente, proprio nella zona Serabit e che riporta alla strana polvere bianca ritrovata.
Il tempio di Serabit era anche conosciuto nell’antichità come luogo di culto e di guarigione come dimostrano le tante stele votive ritrovate nel tempio e nella grotta.
La posizione isolata e le difficoltà che si hanno nel raggiungere Serabit, lo rendono un posto misterioso e suggestivo. In realtà, un’antica comunità di beduini abita attualmente nei pressi di Serabit el Khadim. Per adeguarsi al crescente flusso turistico della zona spesso i beduini allestiscono piccole bancarelle con oggetti vari, monili realizzati con il turchese o piccole pietre da incastonare.
