Egitto moderno
Per finanziare il rilancio dell’economia egiziana e le grandi opere pubbliche – tra cui la più celebre è la costruzione del Canale di Suez, aperto poi nel 1869 da Ismail Pascha – il governatore egiziano chiese un prestito alle banche inglesi. Questo legittimò molti amministratori ed economisti inglesi a trasferirsi in Egitto per monitorare la situazione e i progressi economici. Grazie a questa situazione, l’impero britannico riuscì a porre fine all’influenza che la Turchia aveva ancora sull’Egitto che rimase così esclusivamente sotto il controllo inglese.
Gli inglesi occuparono l’Egitto fino al 1922, senza definirne un preciso status politico ma considerandolo solo un possedimento tra gli altri. All’inizio del secondo decennio del 1900, gli egiziani però iniziarono a non volere più la dipendenza dalla Gran Bretagna e il 28 febbraio 1922 venne riconosciuto che il protettorato inglese era terminato e l’Egitto divenne uno stato sovrano chiamato sultano.
Nel 1924 si tennero le prime elezioni del nuovo stato e videro il trionfo del Wafd, il partito della borghesia nazionale di tendenza conservatrice.
Nel 1936 il sultano Faruq stipulò un trattato con la Gran Bretagna che in teoria avrebbe dovuto concludere l’occupazione militare in Egitto da parte degli inglesi, ma che di fatto vincolò ancora di più lo stato egiziano alla corona trascinandolo anche nella Seconda Guerra Mondiale.
Questa situazione andò avanti fino al 1952 quando un gruppo di militari dissidenti comandati dal colonnello Gamal ‘Abd al-Naṣer con un colpo di stato proclamarono la repubblica determinando la fine della dipendenza dell’Egitto dalla Gran Bretagna e la fine del sultanato della dinastia di Mehmet Ali che governava nel paese. Il 23 giugno 1956 Nasser viene eletto Presidente della Repubblica, e già il 26 luglio decretò la nazionalizzazione del Canale di Suez ponendo termine al controllo franco-britannico di questa strategica via di comunicazione, ma determinando altre tensioni in seno al mondo arabo.
Tra gli anni cinquanta e sessanta, infatti, l’Egitto si scontrò soprattutto con Israele e gli altri paesi arabi. Infatti, Nasser volle unire l'Egitto, la Siria, lo Yemen e in seguiti anche l'Iraq isolando Israele che non era di matrice mussulmana. Questo stato, sentendosi minacciato nel 1967 lanciò un attacco preventivo nei confronti dell’Egitto determinando la famosa “guerra dei sei giorni” alla fine della quale prevalse Israele che occupò striscia di Gaza e tutto il Sinai, arrivando fino alla sponda orientale del Canale di Suez in territorio egiziano, al Cisgiordania con Gerusalemme e le alture del Golan.
Nel 1970 Nasser era improvvisamente morto e gli era succeduto il vicepresidente Anwar Sadat che nel corso degli anni settanta si sforzò di rimediare agli errori fatti dal suo predecessore. Tra le sue prime mosse vi fu l’attacco a sorpresa ad Israele - guerra del Kippur – il 6 ottobre 1973 e solo più di un mese dopo con l’intermediazione dell’ONU l’Egitto accettò di cessare il fuoco. Dopo questo episodio Sadat intraprese una serie di mosse politiche volte a garantire la ricostruzione e ridimensionamento dell’economia egiziana e le sua strategie internazionali diventavano sempre più filoamericane uscendo così dal’influenza dell’Unione Sovietica.
Nel 1978 Sadat cercò di porre fine alle tensioni con Israele, firmando a Washington il Trattato di Camp David del 1978 dopo una laboriosa conferenza a tre (Carter, Begin, Sadāt). Il Trattato imponeva ad Israele di ritirarsi dal Sinai e all’Egitto di riconoscere lo stato di Israele.
Per questo motivo quasi tutto il mondo arabo considerò Sadat come un traditore e fu così assassinato nel 1981 da un commando di integralisti islamici.
Il Parlamento egiziano e poi un referendum popolare eleggeva primo ministro il vicepresidente Hosni Mubarak che si trovò ad affrontare una situazione difficile tra la forte pressione e il fanatismo degli integralisti, la difficile tregua con Israele e l’alleanza con gli Stati Uniti che migliorò quando Mubarak decise di inviare le truppe egiziane a combattere durante la Guerra del Golfo, nonostante fosse considerata una guerra dell’occidente nei confronti dei paesi arabi mussulmani.
Nel 1992 gli integralisti islamici hanno iniziato a creare forte intimidazioni e atti di violenza pubblica che misero a repentaglio la sicurezza nazionale questi conflitti continuarono per tutti gli anni novanta e spesse volte coinvolsero uccisero turisti e gente civile innocente.
Dopo un terribile massacro di 70 persone da parte dei militanti islamici nel 1997, il governo si dimise e questo arginò l’ondata di violenze. Nel giugno del 1999, Mubarak fu confermato dal Parlamento per un quarto mandato presidenziale di sei anni e l’Egitto godette di un periodo relativamente stabile, con un basso livello di disoccupazione, una crescente alfabetizzazione e un incremento della privatizzazione nell'economia.
All’inizio del XXI secolo la tensione etnico-religiosa e il terrorismo internazionale non sembravano diminuire e il governo varò un decreto per la liberazione di alcune centinaia di integralisti detenuti per crimini di minore gravità, nel tentativo di allentare la tensione e gettare le basi per un possibile dialogo con i gruppi islamici. Gli scontri in Egitto continuano a minacciare la stabilità del paese e il governo cerca di risanare la situazione economica con accordi con i paesi limitrofi e le grandi potenze mondiali.
